mercoledì 7 gennaio 2009

Internet e i "cattivi"

Accendo il pc, come ogni sera quando rientro. Apro la mia pagina Facebook e trovo i soliti 87 inviti ad iscrivermi a gruppi che non controllo da giorni. Clicco, convinta di mettere un po' d'ordine al mio profilo. Mi soffermo però su un gruppo in particolare:"Fuori la mafia da Facebook". Me lo manda un amico siciliano. Da Catania a Trento, in un secondo.
Mi incuriosico, continuo a cliccare, e leggo di che si tratta: "Provenzano e Riina su Facebook. Gruppi di sostenitori che ne esaltano la storia e le gesta come fossero eroi e non brutali assassini, mandanti o esecutori di centinaia di omicidi, protagonisti delle pagine più buie e sanguinose della nostra storia. Uomini come Peppino Impastato, Libero Grassi, Pio La Torre, Rocco Chinnici, Placido Rizzotto, Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, Beppe Alfano, Pippo Fava -solo per citarne alcuni- non meritano tutto questo. Non meritano che la loro memoria venga oltraggiata così impunemente dai sostenitori della mafia. Questi gruppi vanno chiusi. La mafia va isolata nella realtà e in tutte le sue espressioni, compresa Facebook".
Voglio dare anche un'occhiata a questi gruppi dei sostenitori della mafia. Ne clicco uno a caso. Non si legge il titolo del gruppo sul link. Si apre la pagina. Il titolo mi fa quasi ridere: "Gruppo creato per la santificazione di Bernardo Provenzano"; descrizione del gruppo: "Bernardo Provenzano santo subito". Continuo a leggere perchè non posso credere che 237 persone iscritte al gruppo (o anche solo una che lo ha fondato) non stiano facendo dell'ironia. Mi rendo conto presto, stupita, che il gruppo non ha nulla di ironico: è un vero e proprio fan club di Bernardo Provenzano.
Decido che sono d'accordo con il mio amico di Catania: mi iscrivo al gruppo "Fuori la mafia da Facebook".

Accendo il pc, come ogni mattina se sono in casa. Apro la pagina di Repubblica per leggere le notizie. Un titolo cattura subito la mia attenzione: "Riina su Facebook, indaga il pm. Il sospetto: operazione della mafia". Ho letto l'articolo è il pensiero è tornato allo stupore di ieri. Nessuna ironia ma ancora una volta, probabilmente, la rete dalla parte dei "cattivi". E non mi faccio problemi, questa volta, a pensarla come i bambini: sissignori questi sono cattivi veri come il lupo di Cappuccetto Rosso e la matrigna di Biancaneve. Solo che spesso le storie di cronaca narrate dai giornali con questi cattivi per antagonisti non hanno avuto un lieto fine.



RIINA SU FACEBOOK; INDAGA IL PM
IL SOSPETTO: OPERAZIONE DELLA MAFIA

di Attilio Bolzoni

Se Totò Riina è diventato "un mito" e Bernardo Provenzano lo vogliono fare "subito santo", qualcuno si sta chiedendo se per caso i mafiosi non abbiano deciso di utilizzare anche la Rete. Per andare alla ricerca di qualcosa che in Sicilia non hanno più come avevano prima: il consenso. Su Facebook forse non sono soltanto certi scapestrati ragazzini a inneggiare ai boss, forse c'è anche dell'altro. Alla procura di Palermo "guardano con molta attenzione" a quello che sta avvenendo in questi giorni sul social network più frequentato di Internet, insomma sembra prossima l'apertura di un'inchiesta giudiziaria.

In Rete non sono finiti solo gli "auguri ai Padrini" o le foto di quelli che hanno aderito ai Provenzano fans club, c'è anche chi ha messo in discussione sentenze definitive su capimafia accusati di omicidi e stragi, chi ha più volte ribadito nei suoi messaggi: "Ma siamo sicuri che quei verdetti siano davvero giusti?". Il sospetto è che dietro la stupidaggine e la volgarità di alcuni si nascondano personaggi con ben altri obiettivi. Come se ci fosse una regia. Per riproporre i soliti temi cari ai mafiosi: la revisione dei processi e un aggiustamento del 41 bis.

Per ora è soltanto un'ipotesi. Ma è un'ipotesi davanti alla quale il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso non si stupisce. Al contrario, il procuratore risponde: "Ci credo, è possibile. Non siamo più ai tempi del sasso in bocca. E se fino a qualche anno fa c'erano ancora capi mandamento di Palermo che nei loro salotti parlavano di contattare giornalisti importanti per sostenerli in una campagna propagandistica, perché dobbiamo escludere che i mafiosi oggi non sfruttino mediaticamente tutte le possibilità?".

Aggiunge Grasso: "I mafiosi si muovono nel mondo globale a grande velocità, sono sempre i più svelti ad adattarsi alle novità". Dopo i proclami - famoso quello di Leoluca Bagarella il 12 luglio del 2002 davanti alla Corte di Assise di Trapani - e dopo le pubbliche manifestazioni per un carcere meno duro - famoso lo striscione esibito il 22 dicembre 2002 dagli ultras alla curva sud dello stadio della Favorita - potrebbe diventare il web la nuova frontiera mafiosa. Già qualche tempo fa qualche uomo d'onore era particolarmente interessato alle potenzialità della Rete. E c'era già chi la stava "studiando". Erano stati i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, quelli di Brancaccio coinvolti nelle bombe di Firenze e Roma e Milano del '93, a dare incarico alla sorella Nunzia (intercettata a colloquio con i fratelli mentre parlava proprio di esplorare il mondo on line per loro conto) per intervenire sulle cose di famiglia. E per lanciare segnali. Per promuovere "l'immagine mafia" in Sicilia e in Italia.

Le ultime scorribande su Facebook rientrano nella nuova strategia di comunicazione di Cosa Nostra? È quello che proverà ad accertare l'inchiesta che si prepara ad aprire la procura della repubblica di Palermo - probabilmente la delega sarà affidata alla polizia postale - nei prossimi giorni. Il confine fra chi è diventato "amico di Totò Riina" e chi invece sta progettando altro in Rete, naturalmente è assai sottile e scivoloso. Neanche una settimana fa erano già migliaia quegli "amici" dei boss corleonesi - 2228 iscritti al fianco del solo "zio Totò", 34 i Provenzano fans club, 85 i ragazzi che sostengono il sito "Ma cosa vi ha fatto il figlio di Riina?". Un modo per sostenere Salvo, il secondogenito del boss, nella sua ultima battaglia.

Quella di lasciare Corleone, dove oggi è ancora al soggiorno obbligato, per emigrare a Cernusco sul Naviglio e rifarsi una vita. Ottantacinque ragazzi che vogliono generosamente offrire una chance a un loro coetaneo o qualcosa d'altro? "È preoccupante che certi personaggi di mafia esercitino un grande fascino. Per cercare di apparire dissacratori, controcorrente, originali, quei ragazzi finiscono per alimentare il mito di assassini, autori di stragi", dice il neo procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. E ancora il procuratore Pietro Grasso: "Non sono d'accordo per una censura del sito, oscurare non serve. Contro chi inneggia a quei boss bisogna scatenare una grande reazione civile. E sommergere quegli altri con una valanga di messaggi di segno contrario". È un po' quello che è accaduto. Più di 100 mila firme su Facebook per cancellare i "sostenitori" dei boss di Corleone. E altre 50 mila per gridare: "A noi la mafia fa schifo".

da Repubblica.it, 7 gennaio 2009

1 commento:

  1. Che i cattivi siano sempre esistiti non ci sono dubbi, ma diventarne addirittura fan sfegatati come fossero star della musica o campioni dello sport...beh..mi sembra un pò esagerato! Per chi si fosse perso qualche puntata di cronaca italiana degli ultimi 30 anni, questi "eroi cattivi" non hanno vinto nessuna medaglia alle olimpiadi, nè tantomeno il leone d'oro a Venezia..Questa gente non ha fatto altro che seminare morte nel nostro paese. Diventarne fan vuol solo dire condividere la loro politica del sangue. Anche solo un post su Facebook a loro favore mi risulta incomprensibile.

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